Caos sull’accesso alle banche dati

È caos sull’accesso diretto da parte del creditore alle banche dati pubbliche per dare la caccia ai beni pignorabili del debitore. La possibilità, che rappresenta uno degli snodi principali della parte della riforma della giustizia civile dedicata alla fase esecutiva, sta trovando un’applicazione a macchia di leopardo, dopo che a partire dallo scorso 11 dicembre la norma è diventata operativa. Almeno sulla carta, perchè l’assenza dei decreti attuativi del ministero della Giustizia che dovevano chiarire «i casi, i limiti e le modalità di esercizio della facoltà di accesso alle banche dati di cui al secondo comma dell’articolo 492 bis del Codice, nonchè le modalità di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei creditori» sta provocando una situazione abbastanza paradossale. Con orientamenti diametralmente opposti anche nell’arco di pochi chilometri.

Assodato infatti che senza le misure attuative gli ufficiali giudiziari non possono intervenire, resta da vedere se lo può fare direttamente il creditore, dietro autorizzazione del presidente del tribunale. La norma infatti spiega che «quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del Codice e a quelle individuate con il decreto di cui all’articolo 155-quater, primo comma, non sono funzionanti, il creditore procedente, previa autorizzazione a norma dell’articolo 492-bis, primo comma, del Codice, può ottenere dai gestori delle banche dati previste dal predetto articolo e dall’articolo 155-quater di queste disposizioni le informazioni nelle stesse contenute».